L’età dell’elica di Bambù. Sette sguardi sull’infanzia
L’Istituto Giapponese di Cultura dedica il mese di giugno al cinema dell’infanzia, attingendo dai titoli in dotazione alla propria Cineteca e affidando selezione e curatela ai critici Enrico Azzano e Raffaele Meale, tra i maggiori esperti e appassionati di cinema giapponese in Italia. A loro la parola per presentarvi la rassegna.
“Con L’età dell’elica di bambù. Sette sguardi sull’infanzia il tentativo è quello di raccontare attraverso sette schegge cinematografiche, il rapporto tra l’immagine in movimento e la narrazione dell’infanzia per lo più all’interno della produzione giapponese a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, quando nuove sfide si prospettavano per il cinema – l’irruzione dei videogiochi, la sempre maggiore importanza data alla produzione televisiva – e la Settima Arte appariva in crisi, sia estetica che economica. Sette piccoli viaggi che, dal 1983 al 2013 (Oshin di Shin Togashi, in bilico tra dramma e mélo, è l’unico titolo a spingersi a pochi passi dalla contemporaneità), permetteranno al pubblico di cogliere la volontà della produzione nipponica di posizionare lo sguardo all’altezza del bambino, e da lì di scrutare il mondo degli adulti, spesso visto con sospetto o non compreso: perché Akira, per esempio, ha già cambiato trentadue scuole ed è ancora alle elementari? E per quale motivo la sorella maggiore di Tatsuo se n’è andata di casa per vivere con gli zii? O ancora, con domande sempre più esistenziali, come si può fare i conti con un lutto improvviso, o con la malattia di una coetanea? Dietro storie all’apparenza semplici, all’interno di produzioni medie che spesso sono state dimenticate nel corso del tempo, si può scorgere il motivo dominante di una produzione nazionale sempre aperta a ogni tipo di soluzione, dalla ricostruzione storica all’horror, dal dramma in odor di Stand by Me a squarci visuali a pochi passi dalla pura sperimentazione. La speranza è sempre la stessa, vale a dire risvegliare la curiosità verso una delle cinematografie più ricche, strutturate e stratificate, e magari rendersi conto delle vicinanze invece che delle apparenti distanze.”