60° Festival di Nuova Consonanza “Memoria e utopia”
Primo weekend di musica del 60° Festival Nuova Consonanza al Mattatoio-La Pelanda. La chitarra elettrica di Carlo Siega il 2 dicembre con ItalianElectricGuitar PROJECT e Light Percussion con il Lugano Percussion Ensemble; il 3 dicembre il GAMO Ensemble con i Galgenlieder di Gubajdulina è una novità di Montalbetti.
Si inizia sabato 2 dicembre con due concerti in programma. Alle ore 19 la chitarra elettrica di Carlo Siega con ItalianElectricGuitar PROJECT spazia nel repertorio classico- contemporaneo fino a sconfinare nella tradizione non accademica di matrice rock con brani di Federico Costanza, Mattia Clera e le due prime esecuzioni italiane di Svanito costrutto di Davide Ianni e Shinryoku di Giulia Monducci.
Alle ore 21 il concerto Light Percussion con il Lugano Percussion Ensemble, formazione dedita da anni allo sviluppo del repertorio per percussioni. Il gruppo arriva a Roma con un programma che partendo dal noto Music for Pieces of Wood del 1973 di Steve Reich, prosegue alternando autori svizzeri e italiani, e accoglie anche una prima assoluta di Patrizio Esposito (Quello che la tavola dispensa). Storico gruppo fiorentino dedito al repertorio contemporaneo, l’Ensemble GAMO domenica 3 dicembre (ore 21) presenta un concerto che ruota intorno all’esecuzione dei Galgenlieder (Canzoni della forca) sulle poesie di Christian Morgenstern scritta nel 1996 da Sofija Gubajdulina, fra le più importanti compositrici di oggi, e l’accosta a una nuova composizione di Mauro Montalbetti, che si ascolterà in prima assoluta, Alice moving under skies: lesson two.
I Galgenlieder, in particolare, sono un ciclo di poesie stravaganti, a tratti dure e aggressive, fra sarcasmo e humor nero, dello scrittore tedesco Christian Morgenstern, vissuto a cavallo fra Otto e Novecento. Un autore molto influenzato e ispirato dalla forma di spettacolo del cabaret che combina teatro, canzone, commedia e danza. Nella prefazione del libro i Canti della forca, del 1905, Morgenstern afferma di aver voluto con l’uso della poesia del patibolo esprimere una riflessione sull’essere umano e sul disagio della civiltà moderna. Sofija Gubajdulina offre di queste poesie una sua interpretazione unica e personale, ricercando nella composizione del ciclo un suono sorprendente a tratti teatrale. La prima stesura di questo ciclo liederistico è del 1995, per un organico più ristretto (voce contrabbasso e percussioni), successivamente ampliato nella versione per quintetto composto da voce, flauto, fisarmonica, contrabbasso e percussioni. La partitura è caratterizzata da una musica di grande forza espressiva, in cui è riconoscibile l’estetica musicale della compositrice, ma si ritrovano anche gesti strumentali e vocali che si spingono fino al teatro della performance. In questo ciclo la compositrice trova un
equilibrio tra intuizione, fantasie, rigore e razionalità intellettuale, tali da collocare questo lavoro tra i capolavori del nostro tempo.